Land Art al Furlo – Casa degli artisti

News | 16/09/2022 14:09 | redazione

di Andreina De Tomassi

Sant’Anna del Furlo. Per chi non conosce questo luogo, solo una piccola introduzione. Siamo ai piedi del Monte Paganuccio, (Comune di Fossombrone, Provincia di Pesaro-Urbino-Marche) in piena macchia pre-appenninica, autoctona, con querce e lecci, aceri e ornielli… Questo versante della Gola del Furlo non ha subito i “trapianti” della Forestale, cominciati già negli anni Trenta, con l’immissione di piante nordiche, conifere soprattutto, che invece ricoprono la dorsale del Monte Pietralata. I due monti, Paganuccio e Pietralata, sorgono ai lati della grande V del canyon percorso dal fiume Candigliano e dalla strada consolare Flaminia. Sant’Anna del Furlo è un piccolissimo borgo medievale con tre case-torri colombaie del XVI secolo, una chiesetta del 1865 con un curioso campanile a cipolla. Un tempo, Sant’Anna faceva parte del Castello di Bellaguardia e a tre chilometri, c’era e c’è ancora, il Barco, uno dei casini di caccia del Duca di Montefeltro. Le torri colombaie rurali sono state fondamentali: erano il ricovero per piccioni e colombi che fornivano cibo, piume (per cuscini e altro) e sterco per gli orti. L’ultima costruzione di Sant’Anna risale al 1919, quando fu costruita la casa per gli addetti alla Diga del Furlo (1920) e alla Centrale idroelettrica, ora dismessa. E tutto intorno alla Casa degli Operai furono costruite 6 piccole torri colombaie a due piani: sotto i polli, sopra i “colombacc”, come dicono qui. Da tre anni la Casa degli Operai è diventata una Residenza Creativa per artisti che amano la Land Art, e propone ogni anno una Passeggiata di Arte e Natura.. che andiamo a raccontare. Si arriva quindi a Sant’Anna, si parcheggia dopo l’Oasy e ci si inoltra per una stradina bianca, nel bosco. Dopo pochi metri, oltre un ponticello, c’è “Abitare il confine” di Maria Cristina Biggio, una danza di foglie e un cerchio di pietre come un teepee, per sciamani sognatori, da abitare in inverno ascoltando le voci concitate del piccolo torrente; ancora qualche passo, e si apre “Il Labirinto” di Loretta Stella, è un percorso botanico, nel Bosco Piccolo delimitato da possenti querce secolari, un reticolo di sentierini, ben conosciuti dai cinghiali, dagli istrici, dai caprioli; alla base di alcune piante, Loretta, esperta di erbe spontanee, ne ha scritto il nome sulle pietre, ecco l’elleboro, lo scotano, il biancospino, la ginestra… girando girando, proprio vicino alla tana delle lepri, “Raccolto di fine estate” opera in legno, spago e pietra di Paolo e Nausica Assenza, omaggio preistorico agli spiriti della foresta. Attenzione a uno specchio poggiato per terra: è l’opera di Germano Serafini, “L’amore appeso a un filo” il titolo scritto con fil di ferro, scende sullo specchio, e ci si affaccia sull’abisso delle fronde, del cielo a cercarci, per perderci ancora una volta. Qualche passo nel Labirinto, e superate le ginestre, si apre un altro pianeta: un ampio slargo di terra marrone, un ideogramma bianco, di sassi e gesso, è il “Dialogo fra terra e cielo” opera di Walter Zuccarini, con la collaborazione di Stefania Barbetta ed Emilia Longheu. C’è un cartello, si spiega della nascita dell’Uomo Nuovo, delle tre facoltà: pensare, sentire, volere che portano ai sette stadi evolutivi, dalla condizione terrena fino a quella divina, dell’Unità. Un percorso iniziatico, una scrittura magica. Ci si può sedere sui miratoi e contemplare…Poco distante, un vecchio pollaio trasformato in un interno giapponese, tutto bianco latteo, con dodici steli di ferro e in cima, il disegno di una piuma, è l’ultimo canto degli uccelli? Il ricordo o il futuro di un volatile? Un’opera zen di Silvia Paoletti. Accanto, nell’orto della Casa degli Artisti, tra i pomodori, le patate, le verdure, undici ciotole devozionali, “Omaggio agli Dei” di Toni Bellucci. Sono per loro i ceci le lenticchie, e fagioli neri, mais, grano…scodelle di culto per un villaggio africano. E adesso, ci vogliono mille occhi e mille gambe per vedere tutte le opere, perchè in questa III edizione della Land Art di Sant’Anna del Furlo 2012, non si erano mai visti tanti artisti accorrere per lasciare un segno, sfidarsi in fantasia, convivere con il paesaggio, delicati e gentili. Dopo il “Labirinto” di Zuccarini, opera del 2011, si può salire verso l’alloro andare a sinistra, si trovano le “Trivellazioni estreme” opera enigmatica di Antonio Sorace del 2011. Poco più avanti, “The Den” di Severino Braccialarghe e Enzo Torcoletti: due animali escono dalla tana in un intreccio di vitalbe, ginestre, edera e legno quello più grande apre la pista, indaga se non c’è pericolo, quello più piccolo sta dietro e guarda stupito…opera pura di Land Art nata dalla terra, che tornerà alla terra. Tornando verso la Casa a sinistra, una Nike alata di marmi policromi e pietra piantata nel posto delle fragole… “Vittoria fra terra e cielo”, scultura di Enzo Torcoletti, classica e morbidissima. A destra, sugli alberi intrecciati, c’è la saga umana in ceramica, bassorilievi, maschere teatrali, animali, anche qui, la vita appesa ad un filo, nell’opera di Emanuela Santoro, che fin’ora non si è persa un’edizione della Land Art … più lunga delle Marche. Spuntano, erompono dalla terra i semi-palla di “ Apogeo 2011”, ceramica di Yvonne Ekman, anche lei assidua, e donatrice delle sue opere per il Parco Botanico Culturale di Sant’Anna. Davanti ad “Apogeo” c’è “Abito…Abitare” un cubo in plexiglass, una casa di vetro, tra i rami dell’alloro e una scritta: “ …abitabile abitante abitazione..esplorando i rami, i tessuti, la lana, il feltro, le cuciture, l’albero, la natura”…è di Petra Bartels che anno dopo anno “abita l’arte” e se ne stupisce sempre.. L’angolo ludico di Rossella Ricci, con le sue scatole-gabbie dei giochi e la torre di carte bolognesi, i manifesti strappati e ricomposti in un collage, esplode nei colori base, per il divertimento dei passanti. Davanti alla Ricci, l’abbraccio di Adamo ed Eva ad una quercia, un uomo e una donna in juta, corde, cotone, edera, intreccio amoroso dei due artisti ferraresi, Nedda Bonini e Andrea Pavinato che sono entrati nel mondo sonoro delle piante e spiegano: “La musica delle piante si conosce già dai primi anni Settanta, ricercatori e musicisti hanno continuato negli anni a sperimentare il modo per far ascoltare queste sonorità segrete, oggi si riesce a trasporre l’energia vitale, il movimento linfatico, in segnale digitale e poi in suono”, melodia verde. Nel video, “La Musica delle Piante” di Lauro Giovanetti si possono capire tutti i passaggi di questa ricognizione sonora. E adesso si scende, verso la corona delle rose canine, si va verso il cerchio dei Giganti. Sono i “Sette Uomini Dei”, sculture leggere e possenti di Simonetta Ceriachi. Ogni titano un minerale, un pianeta, una nota… altissimi e siderali in rete metallica, ti guardano. Passa il vento nelle trasparenze, si scorgono i volti come ologrammi sospesi nel vuoto, sentimenti panici, delizioso terrore nella Gola del Furlo con le nuvole nere che corrono lontane. Accanto, un “Tappeto di pietra del Furlo..con fossili”, di Lamberto Caravita, sono otto formelle con i fossili fedelmente riprodotti in pirografia, tavole scientifiche alla corte di Federico, antichi abbecedari…. …lasciamo i fossili del Furlo di Caravita ed entriamo nel “giardino inglese”: ecco i “Fusi” di Yvonne Ekman, eroina della Land Art del Furlo…Strani questi fusi in ceramica, quasi una cattedrale gotica, una foresta pietrificata o un labirinto magico tra la Pera tonda d’inverno e la Mela Bianchina? (Qui alla Casa degli Artisti si proteggono frutta e rose antiche), poi è bastato quel baluginio dell’uomo-dio ed è stato chiaro..sono i birilli dei Giganti! E se si attraversa la stradina bianca si troveranno anche le bocce dei Titani che giocano con la nostra vita. No, questa opera possente di Giovanni Galiardi si intitola “Universi”, 14 mappamondi, palle di fuoco, eruzioni laviche, ognuna diversa, ci racconta la storia infinita della creazione. Tutta da scoprire la Casetta-torre-colombaia Bianconi, è accanto alle rose rampicanti, che quasi ne celano l’ingresso, “la Natura ama nascondersi” cita Eraclito, il nostro Gabriele Bianconi, che con “di- Segno Silvano” è alla sua seconda partecipazione a Sant’Anna. Nella casetta, o celletta, 7 splendide fotografie, ideogrammi della molteplicità, un album utilissimo per chi voglia ripercorrere i maggiori capitoli della Land Art mondiale. Si torna sulla strada, dopo l’Elfo di Sorace che allontana i cattivi pensieri e una lancia dipinta di Mauro Corbani, c’è “L’albero delle lune” una favola dorata di Marisa Facchinetti dove si vede una gabbietta dondolare da una quercia con due uccelli in conversazione, possono uscire quando vogliono, la porticina è aperta, e scegliere a quale delle otto lune dedicare un canto. Non perdetevi per nulla a mondo lo spettacolo in ferro intrecciato di una donna all’angola della casa che si porta le mani sul volto, si strugge nella sua ruggine e non sapremo mai se è disperata o stupita.. la scultura è di Giuseppina Alaimo. Qualche passo ancora, voltatevi a sinistra, verso il bosco, si scorgono le torri di vetro di Paola Babini con le foglie scintillanti al vento, indifferenti alle cornacchie, al volo lento degli aironi cinerini, al fischio dell’aquila reale, loro, le torri di vetro, cascatelle iridescenti, sono sensibili solo al mutare del tempo, nei colori liquidi del pomeriggio. Alzate gli occhi al cielo. Sul suo filo-destino ecco l’Equilibrista sul tetto. Equilibrio? Follia? Nessuno ne conosce i limiti, può solo interrogarli di continuo. “Equilibrio”, scultura in acciaio, resine e smalti di Antonio Sorace, issata sul tetto con il figlio Claudio, è affine al “Tuffo” del 2010: un gesto scultoreo. Le sorelle dorate si guardano dalla Casa alla Diga, una nell’atto eterno del tuffo, l’altra nell’infinita ricerca della stabilità. Prendete le scalette e scendete nel giardino dei ciliegi, accanto al barbecue di Polifemo troverete… Che cosa troveremo accanto al barbecue di Polifemo, nel giardino degli antichi ciliegi? Ci sono due piatti di vetro che si innalzano e si stagliano verso la Gola è “La porta della Luna e del Sole”, opera simbolica di Thea Tini, anche lei assidua frequentatrice della Land Art al Furlo, dove si conserva il suo tappeto volante del 2011. Poco distante, quasi introvabile, guardate sotto il lauro ceraso, scendono dai rami decine e decine di “Poveri Pinocchi”, installazione di due fotografi mattacchioni di Riccione: Sandro Cristallini e Roberto De Grandis, che ci hanno lasciato una filastrocca tutta con la “p” che farebbe la gioia di Stefano Bartezzaghi… “perdirindindina, Pinocchio, prediletto pasticcione, pazzarello…proteiforme pargoletto, perenne Peter Pan, proverbiale parabola pressochè psicoanalitica…” Una pantomima verbale. Ma continuiamo nella nostra “caccia al tesoro”, inoltrandoci nel frutteto antico ecco il volo scintillante e dorato dei rapaci (siamo nel paradiso degli uccelli) opera molto fotografata dai visitatori di Angela Balducci, mosaicista, che ha lasciato alla “Casa” il suo “Fiume-Vita” grande triangolo policromo in tessere lapidee. Aggirate il coccodrillo di Pyka e Leone, artisti siciliani, opera rinnovata del 2010, e vi troverete nella pozza di sangue di Gian Luca Proietti, al centro, un’ascia da boscaiolo o da serial killer? Se volete, perdetevi nel suo sito (www. cinabro.it) capirete le sue ossessioni grafiche. Ora scendete verso un declivio erboso, verso il fiume. Ecco “Io sono natura” opera-installazione di Massimo Cartaginese e Bruno Mangiaterra in erba sintetica e prato. Gli autori si chiedono e ci chiedono (in una cartolina accanto all’opera) “… la Natura è naturale?” Forse, come suggeriscono, ci si dovrà allontanare da un’idea unica di Natura in favore di quella di Nature? Dibattito che ha percorso tutto il Novecento nella fertile opposizione di Natura/ Cultura. Risalite, dopo l’albero di Natale in vetro, costruito da Antonio Sorace in ricordo di un enorme traliccio che l’Enel ha voluto togliere, e l’acchiappasogni della Jandolo, ecco sbucare dalla terra un’enorme balena. E’ l’installazione di Valerio Porru che ha faticato giorni e giorni (90% sudore, 10% arte, svelano sorridendo gli artisti di Land Art), per far emergere dalle profondità terrestri questa strana presenza che ora sarà ricoperta dall’erba..a futura ammirazione. Proprio vicino a Porru, la giovane artista faentina, Luce Raggi, (selezionata da Federica Mariani, insieme a Edoardo Di Mauro, Nedda Bonini e Marisa Facchinetti che hanno collaborato a questa III edizione), presenta: la “Moltiplicazione della carta igienica” opera ludica in ceramica smaltata. Della Raggi scrive Viola Emaldi: “…è capace di sedurre senza retorica e persino di far ridere, cosa complicata e sottile…” Vero. Far ridere, rendere leggera la vita e l’arte è difficile e audace. Come è leggerissimo “Il volo dei nidi” opera di un augusto “nonno” e grande amico della nostra rassegna open air: Augusto Salati. Accanto, un mazzo di 12 rose in ferro battuto donate dal performer, domatore del vento, Luigi Berardi, che ha deliziato il pubblico con le sua “Petra sonora” e che assicura: “armonizzeranno il vostro frutteto antico”. Le antiche mele ringraziano. Appese ad un decrepito e generoso albicocco, scendono tante calze bianche piene di terre colorate è “S.O.S. Pensioni”, installazione curiosa di Anna Curti che forse vuol far riflettere sull’imminente povertà dei giovani o sull’attuale povertà degli anziani? Impossibile vedere il lavoro di Giulia Serritelli “Toccare dentro” perchè si è disciolto alla prima pioggia..destino comune per molte opere sotto il cielo, a volte inclemente. Così come si scioglierà sotto le intemperie, ma solo il colore, l’opera di Oskar Barrile: “Siduri il Giardino della Dea” che si trova sulla stradina che porta al cancello della Diga del Furlo. Onore al merito di Oskar che è l’unico, per questa edizione, ad aver affrontato la fatica di ingegnarsi dentro il bosco, in salita, lavorando come un capriolo. Proprio accanto al cancello, si trova l’opera collettiva del Gruppo Seblie, del 2011, ammonimento post atomico, con torri di monitor assaliti dalle piante. Fermatevi. Proprio sotto il ponte della Diga, sventolano le bandiere dell’artista anconetana Allegra Corbo: “Masques d’amour pour le vent”. Stampe digitali, con colori che ricordano le lacche cinesi, il vento corteggia le stoffe, quasi stendardi medievali, presentate in Croazia e a Bologna per gran pavesi smaglianti di bellezza. E a proposito di colori, correte giù, tornando verso la Casa, proprio quando comincia la salitina, guardate a sinistra, lì sotto l’albero della nebbia, lo vedete? E’ talmente “connaturato” con il tronco che quasi, quasi si perde. E’ “Alive” un abito più che “vivo”, palpitante, mutante, che trascolora: “è una veste rituale, deve consumarsi col trascorrere del tempo”, spiega l’autrice, Sheila Rocchegiani, che ha composto questa opera con cinque tipi di seta, inserti di cotone, e un eco-printing con foglie, rose, bacche, radici, (su www.iaialuna.wordpress. com altre spiegazioni). Qualche passo, e dopo la scultura di Emanuela Santoro che sorveglia il passo dei beneandanti, è tornata ancora più bella e smagliante del 2010: la “Città Smeralda” di Benedetta Jandolo. Spiega l’artista bolognese: “Shamballah è la città asiatica con gli edifici smeraldini dalle fosforescenze verdi”. Vero? Falso? Chi può dirlo…non ci ha educato, quasi allevato, Borges alla vertigine del verosimile? Piccoli capogiri di parole. E, ora, guardate lassù, dondola tra due platani: “Viaggio” di Gianfranco Lepore e Sabina Trifilò, nostri assidui artisti di Land Art; che cos’è? Forse un vascello fantasma, la follia di un Fitzcarraldo scampato ai mille attacchi dei pirati?…le bandiere stracciate raccontano gli assalti del Fato, la resistenza alle lusinghe del banale, il desiderio del “viaggio”, sempre, a tutti i costi. Lo diceva Herzog-Fitzcarraldo “..chi sogna può muovere le montagne”… Lì sotto, appesa ad una cornice nera, c’è l’opera in legno inciso, e che incisione! di Adolfo Tagliabue, che ha unito il cesello classico con il fumetto, e impreca quasi, contro l’avidità e la megalomania del liberismo accaparratore. “Eleuteria” si chiama la sua opera lignea. E miglior suggello non si poteva trovare, per questa Passeggiata d’arte: Eleutheria, appellativo greco che significa Libertà. Se la storia di noi umani è la storia di una sogno, per realizzarlo c’è bisogno di libertà nell’ Immagi nazione (il razionale Antonio) e nella Fantasia, (l’irrazionale Andreina). Ma anche della libertà dal denaro, dall’interesse materiale…dai piccoli tornaconti. E chi ci ama….capirà…Infine, vi voglio lasciare con un gioco: nel racconto della Passeggiata manca un’opera. È la Collana della Regina, composizione di Loretta Cappanera. Per chi la troverà un libro ci sarà…

La Casa degli Artisti in un disegno di Andrea Silicati

 

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